Sorge nel popoloso quartiere Torre e in origine apparteneva alla Confraternita di S.Antonio.
Non si conosce l’anno di costruzione, ma esisteva gia’ agli inizi del ‘500, quando annesso ad essa fu costruto il convento dei Frati Minori Osservanti, detti anche Zoccolanti, chiamato come gli altri conventi dell’ordine “Santa Maria del Gesu'”.
Il sisma del 1693 distrusse la chiesa ed il convento, per la ricostruzione si mobilitarono il Vescovo di Siracusa, l’Universita’ di Melilli con una speciale imposizione di una tassa sul pesce e sulla macina, ed anche molti benestanti cittadini.
“La chiesa ricostruita ad una navata con soffitto in legno a capriate ed era orientata a levante, in senso opposto all’attuale.
Al fianco sinistro si addossava il convento con i suoi orti confinanti con la casa Moncada.
L’ingresso era sulla via S.Antonio, l’attuale via Vittorio Emanuele (e’ ancora visibile la porta, logicamente murata, ad elevata altezza dal piano della strada).”
Nei secoli la Chiesa di S.Antonio subì diverse modifiche e fu arricchita con dei preziosi arredi: l’altare in marmo, la fonte per l’acqua benedetta e un artistico tabernacolo, entrambi recuperate dalla chiesa di S.Paolo annessa al soppresso Monastero delle Benedettine. Sempre provenienti dalla stessa chiesa sopracitata sono i due quadri ovali su tela, di autori ignoti, raffiguranti “San Benedetto e Santa Scolastica” e “La gloria di San Benedetto”.
L’ingresso fu impreziosito da un portale, rivestito da sei grandi pannelli in bronzo, con scene in bassorilievo, realizzati dallo scultore catanese Domenico Girbino, raffiguranti Sant’Antonio Abate.
Anche questa chiesa rimase danneggiata dal terremoto del 13 dicembre 1990, dopo parziali lavori esterni e il consolidamento della torre campanaria e dell’orologio e’ stato possibile riaprirla al culto nel 1995, grazie anche alla generosita’ dei fedeli che hanno raccolto i fondi e prestato la propria opera per i lavori dell’interno della chiesa.
La torre campanaria ha due campane, di cui la piu’ piccola e antica del 1526.
Sono le campane che da secoli scandiscono le ore segnalando i momenti particolari della vita religiosa e civile del paese: i momenti di preghiera soprattutto, ma anche i pericoli (come lo sbarco de’ Turchi alla marina o gli incendi…), le ricorrenze celebrative.
Era compito del torraro, avvertito da una clessidra, far risuonare il rintocco che avrebbe regolato la giornata dei melillesi: il segno del mattutino annunziava la fine della notte e consentiva ai cittadini di uscire dalle proprie case, l’ora nona (circa le 11 del mattino) segnava l’ora del pasto, l’Ave MAria sul far della notte annunziava la fine del lavoro, le due di notte annunziavano l’ora di rientrare in casa.
Le strade infatti durante le ore notturne non erano illuminate e per motividi ordine pubblico erano interdette (come testimonia una promulgazione del bando del Capitano U.J.D. Don Pietro Rossi del 1703).
In epoca successiva il torraro fu soppiantato dall’orologio pubblico collocato in cima alla torre campanaria, e le ore furono scandite (come lo sono ancora) dai rintocchi gravi della campana grande e i quarti d’ora dai ritocchi argentini della campana piccola, detta “il segno”.
Fonti: “Arte culto e tradizione – Le Chiese di Melilli” di Rizzo Michele, Arnaldo Lombardi Editore